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Se un giorno dovessimo decidere di cercare sul vocabolario, oppure nei moderni dispositivi di ricerca, una definizione tipica della parola “arte” troveremo diverse spiegazioni. Una tra queste, che mi è sembrata essere la più semplice e diretta, dice cosi: “l’arte è qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva.

Creatività e talento sono certamente due delle componenti che le “persone artistiche” devono necessariamente possedere. Nonostante le doti artistiche però, con il tempo anche io ho compreso che non può esserci una “buona” arte senza la dovuta tecnica.
Affinare la tecnica, attraverso lo studio e l’esercizio, permette infatti di prendere padronanza e sicurezza della propria forma (o performance) artistica.
Un buon musicista, per esempio, non può davvero definirsi tale senza avere almeno un minimo di tecnica e studio alle spalle.
Come per tutte le forme artistiche dunque, anche “l’arte del buon bere” necessita lo sviluppo di una buona tecnica.

É quindi per questo motivo che oggi vi parlerò di una tecnica di bartending che è realmente una forma artistica che prevede acrobazie, ritmo, agilità e una buona dose di creatività ed improvvisazione.
Curiosi di sapere di quale tecnica stiamo per parlare? Del Flair Bartending!
Il Flair Bartending è una tecnica acrobatica utilizzata per la preparazione dei cocktail.
Il termine inglese “Flair” significa letteralmente intuizione, attitudine o capacità nel fare qualcosa bene. Questa tecnica di miscelazione è praticata dai bartender e dai barman più estrosi o da tutti coloro che, come dice il termine stesso, hanno un’abilità particolare che in questo caso viene riconosciuta nelle acrobazie dei movimenti.

QUANDO NASCE IL FLAIR BARTENDING?

Nonostante si tratti di una tecnica acrobatica che possiamo ammirare nei bar più prestigiosi e alla moda soltanto da qualche decennio, il Flair Bartending ha una storia molto lontana risalente addirittura ai primi anni del 1800.
Il padre “biologico” del Flair fu infatti Jerry Thomas, un eccentrico barman statunitense che, tra le luci scintillanti di New York e la calda e assolata California, osava mixare l’arte del buon bere con quella della giocoleria.
Lo stravagante barman infatti, non fu soltanto il creatore di numerosi cocktail ( a lui si deve una delle prime guide “How to mix drinks: or the bon-vivants companion”) ma anche il primo ad inventare e praticare il Flair Bartending.
La creazione di uno dei suoi cocktail più famosi, il Blue Blazer, richiedeva una maestria particolare. La preparazione del cocktail consisteva nel passare avanti e indietro una miscela di whiskey scozzese e acqua bollente in fiamme tra due bicchieri di metallo per almeno quattro o cinque volte. A rendere unico questo spettacolo di miscelazione di ingredienti non era soltanto la tecnica che “The Professor” utilizzava ma altresì la teatralità e la presenza scenica che lui stesso aveva. Assistere alla miscelazione di uno dei suoi cocktail significava partecipare ad una pièce teatrale a tutti gli effetti.
Negli anni 70 ancora, in California, la tradizione del Flair continua negli anni 80’ e si espande a macchia d’olio grazie ad un gruppo di giovani barman californiani che, per velocizzare il servizio, inventano dei movimenti in grado di rendere più fluido il lavoro.

DOVE AMMIRARE I PROFESSIONISTI DEL FLAIR?

Nel 1997 in Florida nasce la prima Accademia di Flair Bartending al mondo, la Flair Bartender’s Association che ha come scopo quello di tutelare e promuovere la figura professionale del Flair bartender.
Nei primi anni 90 il Flair approda anche in Italia, grazie all’apertura della prima scuola di Bartender, Planet One.
Grazie a Planet One e alla prima scuola di American Bartending, il Flair diventa il protagonista indiscusso degli anni 90’.
Sono diversi i contest organizzati in giro per il mondo, dove si ha la possibilità di vedere i flair bartender sfidarsi all’ultimo colpo di flair. Tra i contest più importanti troviamo il WFA Competition e la OlyBet Flair Mania.
A sfidarsi nelle battle con esibizioni acrobatiche troviamo bartender provenienti da ogni parte del mondo e dai bar più importanti del globo.

CHI È IL VOLTO DEL FLAIR ITALIANO?

Classe 1986 Bruno Vanzan è uno dei migliori Flair Bartending del mondo. Comincia a lavorare nei bar all’età di 18 anni nella sua città natale, Roma.
La carriera professionale di Bruno scorre tra alti e bassi, tra momenti bui ma anche tra tanti momenti di gloria. L’anno d’oro di Bruno è infatti il 2010, anno in cui viene inserito nella lista dei TOP10 Bartender del mondo.
Nel 2015 diventa vice campione del mondo WFA. Durante la sua carriera partecipa a ben 150 gare in 40 diversi paesi del mondo conquistando 37 vittorie.
Planet One ha avuto l’onore di avere in passato un “professor” d’eccezione come Bruno all’interno dei corsi di flair. Oggi lo ritroviamo nelle diverse masterclass di flair in giro per le scuole d’Italia.
Protagonista inoltre sul piccolo schermo, porta la sua arte e la sua tecnica in diversi programmi tv tra cui “La prova del cuoco” e “Cotto e mangiato”.
Nel 2016 il volto di Bruno entra anche nel palinsesto sky con il programma “Cocktail House”.
Il motto di Vanzan? “Ho fatto dei cocktail la mia vita”.

FLAIR BARTENDING INTERNAZIONALI

Non soltanto volti italiani tra i vincitori dei contest più importanti del Flair Bartending.
Tra i volti del Flair internazionale infatti spiccano Alexander Shtifanov, ucraino ma moscovita d’adozione. Il bartender dal cuore russo è ritenuto uno dei migliori tra gli artisti del Flair a livello mondiale. Un altro nome che è doveroso fare è quello del polacco Marek Pozluszny, vincitore della finale OlyBet Flair Mania 2018 tenutasi a Latvia, Riga.

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Articolo a cura di Licia Bonafè