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Non tutti sanno che gli italiani sono tra i consumatori più assidui di sake in Europa. Nel 2018, l’Italia ha superato la Gran Bretagna nella speciale classifica dei paesi importatori di questa bevanda alcolica tipica del Sol Levante, e questo risultato non è certo passato inosservato.

Si ricava dal riso e il suo contenuto alcolico può variare dal 13 al 16%. In Giappone è presente da circa duemila anni, mentre in Europa ha cominciato a diffondersi negli ultimi 20 anni. Molti bar gourmet stanno dando sempre più spazio al sake, spinti anche dalla scelta storica di Richard Geoffroy (storico chef de cave di Dom Pérignon) di lasciare la casa di Champagne per potersi dedicare a progetti specifici sul drink giapponese. Qualcosa sta cambiando.

Dapprima solo attraverso locali tipici giapponesi, adesso in veri e propri locali appositi dove poterlo gustare da solo o in accompagnamento a piccoli piatti. Marco Massarotto, fondatore dell’associazione Le Vie del Sake, ha però evidenziato come le quantità importate non corrispondano esattamente al valore della bevanda in sé. In sostanza, si beve tanto sake, ma non di qualità ottima.

Abbinarlo al cibo non è un’impresa, basandosi sul suo mix di dolcezza e sapidità; inoltre, ne esistono di delicati e corposi. I primi si accompagnano bene con i pesci (dai crudi ai grigliati), le verdure, il parmigiano e il prosciutto crudo. I secondi invece si abbinano bene con le carni grigliate, gli stufati e le zuppe. I sake più invecchiati prendono il classico sentore di mandorla e albicocca, ideali per abbinamenti più arditi come foie gras e i paté.

Il successo avuto in Italia ha permesso la sperimentazione e la contaminazione con materie prime e “idee” nostrane. È da poco nato Nero, prodotto al 100% in Piemonte utilizzando come base il riso nero; esso dona il colore scuro, la profumazione fruttata e il gusto intenso. Nero non vuole proporsi come “sake italiano”, ma si ispira solamente alla più popolare bevanda giapponese per poi prendere una strada differente. L’obiettivo è far incontrare diverse culture rispettandone le differenze ed esaltandone le similitudini, ispirandosi anche al vermut (anch’esso tipico torinese).